martedì 17 febbraio 2015

Pasta c'a sasizza 'mbriaca

Nell'isola dove il sole non muore mai...in questi giorni è proprio scappato e non vuole più tornare.
Con grande tristezza quindi non sono riuscita nemmeno ad andare a fare qualche foto ai carri di carnevale di Acireale, i più famosi della Sicilia,forse stasera riuscirò a farne qualcuna a quelli di Palazzolo, se il tempo me lo permetterà.
Proprio per questi motivi oggi vi parlo ancora di cucina, e parliamo sempre di rivisitazioni dato che quella della mia cannolo cheesecake ha riscosso un sacco di successo. Vi avevo gia parlato qui dell'impanata con la salsiccia e le patate e quindi ho pensato..carboidrati per carboidrati perchè non fare una pasta con gli stessi ingredienti? Risultato... una bomba che dovrete assolutamente provare. Qui in Sicilia le domeniche invernali non sono domeniche se non c'è “la salsiccia 'che patate”, must have anche di ogni festa e di ogni giornata passata con i parenti, Solitamente qui per quattro persone si fanno un kilo e mezzo di salsiccia e un kilo di patate,io per questa ricetta mi sono limitata a una patata e a 70 gr di salsiccia.

Andiamo al dunque..per due persone:

                          120 gr di rigatoni
                          150 gr di salsiccia
                           2 patate medie
                           1 spicchio d'aglio
1 cipollotto
rosmarino
vino bianco q.b.
                            olio q.b.
                           pepe nero q.b.
                           parmigiano q.b.
                          150 ml brodo vegetale
                           sale q.b.
                           





Prepara la salsiccia togliendo il budello e sbriciolandola grossolanamente, taglia il cipollotto finemente e sbuccia gli spicchi d'aglio. In una padella con dell'olio metti la cipolla e l'aglio e fai appassire fin quando non saranno dorate, appena prendono colore versa qualche cucchiaio di brodo vegetale e lascia appassire a fuoco dolce per qualche minuto fin quando non evapora il brodo. Alza la fiamma e aggiungi la salsiccia sbriciolata girando continuamente per farla cuocere su tutti i lati, trita il rosmarino e aggiungilo alla salsiccia. Dopo qualche minuto sfuma con del vino bianco e lascia evaporare. Appena evaporato togli l'aglio e lascia riposare mentre cuoci la pasta.
Lava e taglia a listarelle sottili le patate e appena bolle l'acqua per la pasta versale insieme alla pasta nella pentola e lascia cuocere insieme. Prima di scolarle prendi un mestolo di acqua di cottura,accendi la fiamma nel condimento e versa il mestolo d'acqua. Scola la pasta e le patate e versale nella padella del condimento saltandola a fiamma vivace. Aggiungi pepe nero e parmigiano per mantecarla un po'.

Servila e gioisci.











venerdì 13 febbraio 2015

Cannolo cheesecake




Ma basta Federica ce la smetti di parlare di cucina? Come faccio mentre a non parlarne proprio in questi giorni? 
Domenica scorsa,mi sentivo particolarmente ispirata e ho rivisitato il nostro classico cannolo siciliano creando una cheesecake che per essere un esperimento è venuta davvero buonissima. Volevo conservare questa ricetta per un altro post ma non ho saputo resistere. Il cannolo siciliano tutti lo conoscono e tutti cercano di imitarlo quindi è inutile dilungarsi sulla questione.
Ho portato questa bontà ad un pranzo pieno di gente che mi guardava con sfiducia ed era diffidente verso la mia povera torta esclamando cose tipo " il cannolo non si tocca", "ma cos'è STA COSA?", "hai rovinato i SACROSANTI CANNOLI, PAZZA!". Al che ho tagliato la cheesecake e ne ho distribuita un pezzo ciascuno. Risultato: hanno fatto il bis. Mia nonna di certo me l'avrebbe lanciata in faccia con un lancio degno di Bastianich,per lei le ricette tradizionali sono sacre,non si toccano. Ma va beh per fortuna mia nonna non c'era e ce la siamo mangiata tutta alla faccia sua. 
Ecco qui la golosissima ricetta.




                                       Per la base:

 350 gr di cialde di cannoli (io le ho comprate al supermercato)
 100 gr di burro
 pistacchio tritato q.b.



                           Per la crema:


350 gr di ricotta di pecora
150 gr di ricotta di mucca (potete modificare a piacimento le dosi della ricotta, per me farla con 500 gr di ricotta tutta di pecora viene troppo pesante come gusto)
gocce di cioccolato q.b.
                           250 ml di panna montata
                           3 uova 
                           50 gr di canditi
                           230 gr di zucchero bianco o a velo
                    
Per creare la base, sbriciola con un frullatore le cialde dei cannoli e mescolale con il burro fuso e il pistacchio tritato. Impasta per bene tutto e mentre fodera una teglia (io ne ho usata una con cerniera di 22 cm di diametro) con la carta forno. Versa l'impasto nella teglia e appiattisci bene la base con le mani cercando di compattarlo il più possibile creando anche dei bordi un pò alti sempre schiacciando per bene con le mani. Una volta fatta la base mettila nel frigo a riposare mentre prepari la crema.

Per preparare la crema lavora con delle fruste elettriche la ricotta con lo zucchero,aggiungi la panna semi montata mescolando sempre dal basso verso l'alto.Aggiungi le uova fino a ottenere un composto omogeneo e liscio,unisci le gocce di cioccolato e inforna nel forno preriscaldato a 170 gradi per 55 minuti. Trascorso il tempo,se vi sembra ancora molle non vi preoccupate perchè una vota raffreddata deve andare in frigo per almeno 4 ore. Io l'ho fatta la sera prima per il pranzo dell'indomani ed era davvero perfetta!
Servitela decorata con granella di pistacchio e canditi.


Il risultato anche se un pò rustico è questo.





  



mercoledì 11 febbraio 2015

U pisci r'ovo


Vi starete sicuramente chiedendo come mai sto parlando sempre di cucina,la risposta è semplice: sono troppo impegnata con gli esami e non ho il tempo per uscire e fare delle foto degne per parlarvi delle altre cose che mi sono promessa di trattare, quindi siccome devo sfogarmi e devo riempirmi di energie mi sto dando alla cucina. C'è un detto in Sicilia che dice “ saccu vacanti 'un po' stari a l'addritta” cioè " sacco vuoto non può stare in piedi" e proprio per questo oggi mi sono concessa “u pisci r'ovo”. Così chiamano qua in Sicilia la frittata, che proprio perchè è arrotolata su se stessa e prende la forma di un simil pesce si chiama così. Ovviamente ci ho messo qualche anno per capire che si chiama così per questo motivo dato che quando ero piccola e mia mamma lo preparava immaginavo che con una magia trasformasse un pesce in frittata, ma va beh..avevo molta fantasia.

In una ristampa di un antico libro di cucina siciliana che ho a casa ho trovato questa antica ricetta della frittata che si è evoluta diventando U pisci r'ovo” che è una ricetta poverissima,velocissima e semplicissima che preparava sempre mia nonna ogni volta che impanava le cotolette e le restava del pangrattato condito.



                          

Gli ingredienti per una persona affamata sono questi:
due uova
pangrattato due cucchiai
sale q.b.
                                 pepe nero q.b.
                                 menta secca q.b.
                                 parmigiano o pecorino due cucchiai ( se preferite fare la ricetta più strong e usare il  pecorino limitate il sale)



Basterà mescolare tutti gli ingredienti in una ciotola sbattendo per bene le uova e aggiungendo piano piano tutti gli ingredienti. Fatto questo olea una padella di olio e mettila a scaldare,versa tutto e lascia per qualche minuto compattarsi la base della frittata a fuoco molto molto basso. Appena la base sarà abbastanza “solida” sposta tutto il composto rimasto liquido verso una parte della padella e rigira la parte già cotta,continua così fin quando non sarà arrotolata del tutto. Et voilà semplice e super gustosa.



















  

lunedì 9 febbraio 2015

Arancine



Il Dott. Giorgio Calabrese, nato a Rosolini, nonché mio conterraneo,in questo momento sarà fuorioso ma forse si è scordato degli arancini che ha mangiato in Sicilia durante la sua giovinezza o a questo punto devo immaginare che non ne abbia mai mangiato uno per sostenere che la frittura dovrebbe essere abolita dalla nostra dieta. Di sicuro non è giusto mangiarla tutti i giorni e per questo, dato che devo trovare una giustificazione,eccola subito qui: il gastroenterologo di mia mamma dice che la frittura “caura caura” non fa male e quindi io mi fido di lui e in questa domenica di sole, senza pensarci due volte abbiamo fritto e mangiato arancini fino allo sfinimento.
Le arancine sono un piatto della cucina araba,che nascono preparate con riso profumato di zafferano arricchito di verdure, spezie e pezzetti di carne.Venivano servite al centro della tavola in un solo,grande vassoio e, come era consuetudine anche dei nostri contadini, ognuno per mangiarne allungava le mani. Per renderlo da asporto (da veri predecessori dello street food), gli arabi ne fecero una palla simile ad una arancia, che impanata e fritta acquistò consistenza, tanto da resistere al trasporto.Inizialmente era fatta solo di riso, dato che a quel tempo il pomodoro doveva ancora arrivare dall'America infatti i primi acquisti della nobiltà siciliana di pomodoro sono datati 1852.Da quella data l'ortaggio entrò a pieno titolo nella cucina siciliana e diventò uno degli ingredienti principali del ripieno dell’arancina, ma non aveva nulla a che fare con il piatto originale che conosciamo.
Ogni volta che mangiamo gli arancini nasce una disputa sul nome,se sia femminile o maschile,ed è in questa occasione che ho sfoderato il mio sapere.Il nome dell'arancina e il fatto che sia un nome femminile,non come altri credono, proviene dal fatto che la palla di riso in questione aveva la forma e il peso di un arancia,da qui,arancina, Se si fosse chimato “arancino” avrebbe avuto la forma dell'arancio (l'albero) o di un ramo, di certo non del frutto; e dato che l'accademia della crusca ci dice che il frutto va al femminile mentre l'albero da cui ha origina va al maschile,noi ci fidiamo e la chiamiamo arancina.
Un proverbio siciliano dice “ Risu,mi calu e non mi jisu” che vuol dire” riso,mi abbasso e non mi alzo” questo perchè gli zappatori sostenevano che il riso non dava abbastanza forze per lavorare la terra. Io credo che per dirlo non avessero mai mangiato un'arancina, dato che dopo una sola mi sono sentita decisamente scoppiare. Il bello dell'arancina è che deve essere fritta al momento,mangiata a temperatura fusione e servita asciugata per bene da tutto l'olio.

La ricetta per circa dodici di queste meraviglie è questa:

                           Per il riso:
500 gr. riso per risotti
1 cipolla
100 gr. burro
1/2 bicchiere vino bianco
                                     brodo vegetale
                                 zafferano
                                 sale q.b.
                                 pepe q.b.

Per il ripieno
200 gr. ragù di carne
mozzarella a cubetti



Per la panatura:
due albumi
pangrattato


Per friggere:
olio di semi di arachidi o girasole





Per preparare il condimento prendi una padella e taglia a pezzetti ciò che serve per il soffritto di olio con (carote, cipolla e sedano). Fai rosolare ben benino e versa nella stessa pentola il tritato.
Raggiunta una cottura medio bassa, aggiungi i piselli, e al secondo step, versa nella pentola, la salsa di pomodoro e fai cuocere il tutto a fuoco molto basso. Sala e condisci con pepe a piacimento. ( E' preferibile fare il ragù il giorno prima)


Per preparare il riso per prima cosa prepara il brodo vegetale mettendo in una pentola dell'acqua con 1 carota, 1 costa di sedano ed 1 cipolla e lascia bollire per 20 minuti circa.Prendi una casseruola e mettici dentro 50 gr. burro ed il trito di una cipolla e lascia soffriggere dolcemente per 5/7 minuti circa.
Quando la cipolla avrà ceduto i suoi aromi al burro, con l'aiuto di un colino filtra il burro togliendo la cipolla. Rimetti il burro nella casseruola, alza la fiamma ed aggiungi il riso.
Comincia adesso la fase di tostatura del riso che dovrà essere mescolato nel burro fin quando non assume un colore ambrato. A questo punto,sfuma con il vino bianco. Una volta sfumato il vino aggiungi del brodo vegetale fino a coprire il riso e aggiungine ogni volta che viene assorbito, per ultimare la cottura.
In un bicchiere sciogli lo zafferano in un pò di brodo ed aggiungilo al riso (regolati in base al colore). Aggiungi un pò di sale che aggiusterai verso la fine.
Quando mancheranno 2 minuti alla fine della cottura, togli la casseruola dal fuoco,aggiungi 50 gr. di burro e manteca il riso dal basso verso l'alto. Quando il riso avrà assorbito il burro,versalo in un recipiente e lascialo raffreddare.

A questo punto disponi su un tavolo tutto ciò che serve per preparare le arancine:il contenitore con il riso,il ragù,un piatto fondo con gli albumi sbattuti,un piatto grande con del pangrattato al quale avrai aggiunto del sale,un recipiente per riporre le arancine una volta pronte.

Con una mano prendi un pugno di riso, disponilo sull'altra leggermente a conca e sistema il riso fino quasi a rivestire il palmo della mano.Prendi una cucchiaiata di ragù e disponila al centro del riso.Con la mano libera prendi un altro piccolo pugno di riso e cerca di dargli la forma di una arancia unendo le due parti delicatamente.Gira con l'aiuto di due cucchiai l'arancina negli albumi e poi passala nel pangrattato.Quando saranno tutte pronte friggeile.(Per la frittura è importante che l'olio sia abbondante).La fiamma deve essere media. Le arancine devono avere il tempo di diventare dorate e riscaldarsi all'interno.
Man mano che friggi le arancine riponile 
in una ciotola foderata di carta assorbente e lasciale riposare un paio di minuti prima di mangiarle per fare diffondere il calore anche all'interno.


A questo punto che dirvi...buon appetito!









sabato 7 febbraio 2015

Impanate siciliane





E' opinione ormai comune che il siciliano vive la sua vita promuovendo ovunque si trovi i propri prodotti tipici e lo si immagina anche promotore di tutto ciò che gronda di olio come la caponata che va bene per colazione,pranzo,merenda,cena,aperitivo e dolce.Se un siciliano è vegetariano viene additato da tutti e ghettizzato nemmeno avesse una malattia contagiosa perchè si sa che essere vegetariani è più salutare, ma il siciliano vuole vivere nell'ignoranza e continuare a preparare cassate,impanate e cannoli fino alla morte.
Se un Siciliano si azzardasse a snaturare qualsiasi ricetta tipica, e in questo caso parliamo dell'impanata,potrebbe perdere immediatamente la cittadinanza sicula,perchè si sa..noi siciliani siamo troppo legati alle nostre tradizioni,soprattutto se sono tradizioni legate al cibo. Quindi regola numero uno:mai e poi mai bisogna stuprare una ricetta originale,ragion per cui, vi lascerò la ricetta delle impanate della mia cara nonnina,proveniente da niente poco di meno che...San Cataldo. Se vi chiedete dove sia e soprattutto cosa sia,è un paesino piccolissimo in provincia di Caltanissetta,che ho visitato solo una volta nel periodo di carnevale ma che mi ricordo con tanto piacere perchè tutti i parenti avevano preparato una meravigliosa tavolata di dolci tipici che ho mangiato fino a scoppiare con il rischio di entrare in coma diabetico.
Le impanate sono una ricetta tipica siciliana che consistono in una sorta di pizza chiusa tipo calzone che di solito si imbottiscono di ripieno fino a raggiungere solo l'altezza di 10 centimetri. Per il ripieno sono vietati ingredienti leggeri tipo zucchine, mozzarella, prosciutto, finocchi, carote etc etc..
Sono preferibili salsiccia,cacio cavallo, provolone, capuliato, patate, tuma, acciughe, e anche quando si utilizzano ingredienti “ magri” si rendono grassi. E quindi...se si vuole fare un'impanata col cavolfiore,dopo averlo sbollentato,poi soffritto e poi lasciato a riposare con un po' di olio a crudo, aggiungetegli del pomodoro secco,del cacio cavallo ragusano e il gioco è fatto.
In tutta la Sicilia esistono varie versioni delle impanate che in base alla zona prendono anche nomi diversi e viene modificato qualche elemento dell'impasto. Nella zona del ragusano ne esistono due versioni, le prime si chiamano “scacce” e sono arrotolate e fatte da una pasta molto sottile. Il pezzo forte delle scacce è quella con dentro mozzarella e prezzemolo o con cipolla e salsa,l'importante è che siano sempre leggerine leggerine. Le seconde si chiamano sempre impanate ma a differenza di quelle della mia zona (del Siracusano,),mentre alcune hanno lo stesso ripieno delle nostre,altre vengono riempite con carne di maiale brasata,salsa,riso e patate = ospedale.
Se quindi volete preparare delle pizze che non sia la classica margherita seguite questa ricettina, vi lascio quella dell'impanata classica con salsiccia e patate.

Per l'impasto:
1 kg di farina di grano duro
 50 grammi di lievito
 1cucchiaino di sale
                                   1 tazzina da caffè di olio d'oliva
                                   600 ml di acqua

                                   Per il condimento:
600 gr di salsiccia sbriciolata
500 gr di patate
1 cipolla
Olio q.b.
                                   Pepe nero q.b.



Per preparare il condimento metti nella padella l'olio e fai rosolare la cipolla a fuoco dolce,quando sarà dorata aggiungi le patate e falle rosolare insieme alla cipolla.(eventualmente aggiungi un po' d'acqua se si asciuga troppo).Cuoci fin quando saranno cotte e a fine cottura aggiungi la salsiccia sbriciolata, fai cuocere per qualche minuto ancora,insaporisci con sale e pepe e metti a riposare il tutto mentre prepari l'impasto



Per l'impasto mischia la farina col sale e prepara la classica fontanella, metti dentro il lievito e scioglilo aggiungendo l'acqua piano piano e impasta fino a ottenere un composto morbido e omogeneo. Aggiungi infine l'olio continuando ad impastare e lascia riposare e lievitare per circa un'ora. Nel momento in cui l'impasto cresce raddoppiando il proprio volume, dividi la pasta in quattro panetti uguali e stendi la pasta su una spianatoia col mattarello fino a ottenere uno spessore di mezzo centimentro. Si creano quindi quattro dischi. Stendi su due teglie diverse due dischi con dentro il condimento precedentemente preparato e chiudi con gli altri due creando un bordo spesso formato rigirando su se stessa la pasta. Cuoci in forno a 180 gradi per 20 minuti controllando di tanto in tanto a che punto è la cottura. Di tanto in tanto se si vuole spennellare con un po' di olio la superficie non fa male, infatti l'impanata tende a seccare nel forno,ma la sua caratteristica è che deve letteralmente grondare di olio quindi controllatela ogni tanto.
Se dopo averle cotte risultano un po' secche nonostante l'olio, la nonna consiglia di bagnare degli strofinacci con dell'acqua e metterli sopra le impanate per 10-15 minuti così si ammorbidiranno magnificamente.


Buon ingrasso anche a voi,io in questo sabato sera mi godo le mie impanate appena sfornate dato che c'è Juventus-Milan e non si può uscire di casa per nessun motivo al mondo.















giovedì 5 febbraio 2015

Sicilia, terra d'amore e passione.

Se dovessimo cominciare citando grandi animi che parlano della Sicilia potremmo cominciare da Goethe,che visitando nel 1787 la Sicilia affermava che "l'Italia senza la Sicilia non lascia immaginare nello spirito, qui è la chiave di tutto"; potremmo continuare con Pindaro che chiamava Agrigento "la più bella città dei mortali"e con una scrittrice francese, Edmonda Chaeles Roux,che ha detto che "Nel bene e nel male, la Sicilia è l'Italia al superlativo" e potremmo finire con un antico canto marinaresco del Quattrocento veneziano che affermava "Aio visto el mappamondo et la charta da navigare: ma Sicilia ben me pare più bel isola del mondo" . 
La Sicilia però già prima del Quattrocento l'aveva scoperta il mondo greco che vi aveva costruito le sue meraviglie,le sue città,i suoi templi e i suoi teatri, infatti è da sempre una grande madre e ha sempre accolto tutti a braccia aperte,caratteristica che tutt'ora hanno conservato i Siciliani nello spirito. Noi Siciliani amiamo e odiamo allo stesso modo la nostra terra,ne siamo gelosi come fosse una donna da possedere ma nello stesso tempo la distruggiamo e non ce ne curiamo. L'odio che proviamo nei suoi confronti è viscerale come lo stesso amore. La maggior parte di noi passa il tempo a lamentarsi della Sicilia e quando è stanco di lamentarsi emigra,passando lo Stretto e allontanandosi dalla terra in cui "il  traffico votticoso, tentacolare, che ci mette famiglia contro famiglia” lo innervosisce. Vanno alla scoperta del continente come fosse l'America dei nostri nonni e se l'America è lontana e viene la nostalgia non bisogna preoccuparsi tanto “Se è veru ca lu munnu gira, l’America a passari ri cà”. 
Il distacco dalla nostra isola per noi rappresenta un nuovo inizio ma anche una fine,perchè infondo è un pò come lasciare una madre che ci ha sempre accuditi e trattati bene. 
Vi farei imparare ad amare la mia terra se solo potessi trasmetterre qui il profumo del pane fresco di un qualsiasi forno siciliano,il calore del sole che batte sui vetri delle case la mattina,il profumo delle zagare in fiore ed il sapore di un'arancia appena raccolta,il profumo degli alberi di limone, la passione con cui un siciliano vive, la sensazione che si prova nel passare in mezzo a una piccola città piena di vicoli in cui le case sembrano formare un labirinto, l'atmosfera di spiritualità con cui si vive le feste dei Patroni delle città, il buon cuore e l'ospitalità della gente, i colori della natura specialmente in primavera,l'amore con cui siamo attaccatti alla nostra terra, la gioia del passeggiare nelle antiche città barocche e tornare immediatamente indietro nel tempo, la meraviglia dei paesaggi di Taormina, il tepore del sole sulla Valle dei Templi ad Agrigento.
La Sicilia è la terra della passione,dell'amore, della natura esplosiva,culla di cultura e civiltà millenarie;terra in cui mito,leggenda e realtà si fondono insieme creando una magia.Il mare, montagne, le colline, le isole, le fanno da contorno. Il fuoco che arde al suo interno ogni tanto fa scuotere il nostro vulcano, mettendo paura ma creando delle meraviglie che nessun artista al mondo potrebbe ricreare. E' la terra di Bacco e Venere che creano insieme un'accoppiata di sensualità. La Sicilia è la terra di un popolo fiero, orgoglioso, indomito. Terra di emigranti che sono partiti per ritornare e che pur non tornando non hanno mai dimenticato da dove sono partiti.Terra di scrittori, di attori, di atleti,di registi, di stilisti, gente che ha messo in ogni opera la magia e il fascino della terra da cui proviene. 
E,continuando con le citazioni,scrive Goethe :"La purezza dei contorni, la morbidezza di ogni cosa, la cedevole scambievolezza delle tinte, l'unità armonica del cielo col mare e del mare con la terra,chi li ha visti una sola volta, li possederà per tutta la vita."


Oggi condivido con voi tutto questo perchè ho deciso di creare quello che da sempre avrei voluto fare. Un blog in cui possa condividere con voi le meraviglie della mia terra,spaziando per l'arte,la cucina,il teatro, i luoghi più caratteristici e tutte le tradizioni che offre la mia meravigliosa terra. Vorrei cercare di creare qualcosa che possa essere una guida per tutte le persone che vengono a esplorare questo posto meraviglioso chiamato Sicilia.
Ah dimenticavo,mi chiamo Federica Castello e vivo a Siracusa, sono una studentessa di giurisprudenza e ho ereditanto questo grande amore per la mia terra dai miei meravigliosi genitori,passione che mi ha portato a creare tutto questo e condividerlo con voi, dal momento che credo bisogna rivalutare ciò per cui per tantissimo tempo la gente ha lottato e che noi ci stiamo dimenticando e perchè come diciamo qui in Sicilia... "A vecchia avìa cent'anni e ancora 'mparava".

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Camminando per la Sicilia..